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L’ultimo tabù. Cartoline imbarazzanti

di Enrico Sturani

Chiunque collezioni cartoline vi può mostrare le sue più belle… E sono sempre le stesse: Mucha, Dudovich e in generale il “libertì” con l’accento sulla ‘i’, certi pezzi futuristi e qualunque altro soggetto risulti, da catalogo, quotato oltre i 100 euro. Dalla mia grande collezione, invece, ho scelto di presentarvene alcune tra le più ‘brutte’, in quanto, per un motivo o per l’altro, sconvenienti.

Contattato da un’amica del gruppo Vogue per un’eventuale collaborazione, fui meravigliato della sua grande apertura anche verso tematiche forti:
«Il nudo?» «Ma certo!», «Pure il pelo?» «Perché no!», «Anche le cartoline primo Novecento relative ad effluvi, secrezioni ed escrezioni?» «Sei il solito sporcaccione!».
Di collaborazione non si parlò più: chissà quali ‘brutte figure’ sarei stato capace di presentare (e di far fare alla mia presentatrice) a Vogue sposa e alla testata per le giovinette! Alla prova dei fatti, mi rendevo conto che decenni di psicoanalisi, di ‘coraggiose lotte per una morale non repressiva’, avevano abbattuto la barriera dei tabù sessuali. Ormai che ‘cazzo’ e ‘fica’ sono divenuti un’esclamazione e un complimento, possono anche essere esibiti sulla spiaggia e sulla carta stampata. Di fatto, però, non sono spariti né i tabù né gli eufemismi. Sulla scia della pubblicità, il sesso è ‘passato’ nella sua accezione erotico-edonistico-giovanil-consumistica, ma provate a mostrare (o a pubblicare) una poppa flaccida o una chiappa vizza, e vedrete tornare lo scandalo e calare le vendite. Oggi, dunque, il tabù riguarda ancora il corpo umano, ma solo nella dimensione della sua fallibilità e decadimento da un lato, e nelle sue funzioni fisiologiche non riscattabili da Adone, Eros o Mercurio (patrono dei commercianti), dall’altro.

Lo sdoganaggio delle ‘schifezze’ corporali – armato di deodoranti, saponi, Kleenex e assorbenti – oggi concerne: moccio e sudore, piscio, merda e alito pesante. Provate a parlare di sesso, ad esibire il seno o l’anca in compagnia: avrete sicuro successo! Lasciatevi, invece, scappare un rutto o una scoreggia, fatevi cogliere a frugare nel naso, a sbrodolarvi, a raccontare una barzelletta di cacca-pipì e vedrete…, se recidivi, potrete ringraziare che abbiano chiuso i manicomi. Il solo con cui possiate trattare tali argomenti – una volta chiusa la porta dello studio, abbassata la voce e gli occhi, trovate le opportune circonlocuzioni – è il gastroenterologo. A chi non sia medico e voglia documentarsi in materia, non resta che rivolgersi alle sublimazioni artistico-letterarie di qualche autore eccelso cui tutto è permesso. Celebre è la descrizione joyciana di una superba cacata mattutina, mentre l’insostenibile Kundera, sulla merda, parte in metafisiche riflessioni. E se no… vi resta la lagnosa noia di qualche etno-psico-antropologo che elenca i casi di repressione del tabù presso le più varie culture, sino a identificare la civiltà stessa con la fognatura e la mutanda. C’è però stato un periodo in cui la scatologia fu largamente diffusa: la Belle Époque. L’attuale storiografia di costume tende a idealizzare questo periodo e sembra già una gran conquista aver scoperto, tramite superstiti foto da casino, che anche i nostri nonni e bisnonni facevano così. Silenzio totale, viceversa, su quel vasto settore di immagini costituito dalle cartoline scatologiche, e più in generale concernenti la pesantezza, decadenza e fallibilità del corpo.

Questa larga presenza scatologica, sempre in chiave bonaria e ridanciana (priva di risvolti erotici), è facilmente comprensibile se prendiamo in esame il nostro passato neanche troppo lontano, un mondo in cui la frattura fra città e campagna era meno netta di oggi. Allora, la recente diffusione di mezzi di locomozione, come la bici e l’auto, portavano a spingersi fuori porta, scoprendo la campagna. In campagna si andava in villeggiatura; in campagna avevano ville e castelli gli ultimi nobili, e tutti sappiamo come il primo segno di riconoscimento della campagna sia l’odore di letame. In città venivano, viceversa, i campagnoli a vendere le loro cose al mercato, e tutti sappiamo come la civiltà contadina, in ogni parte del mondo, non abbia mai represso le sane manifestazioni corporali e veda nella merda un’indispensabile materia prima. Questo contatto tra cittadini e contadini fu all’epoca fonte di bonario umorismo: con il riso si esorcizzavano le pratiche corporali non troppo ‘bon ton’ dei campagnoli e il loro impaccio nell’uso delle moderne attrezzature igienico-sanitarie. Si spiega così il pullulare di cartoline di genere ‘basso’ riferite agli escrementi corporali. E in questo servizio intendo mostrarvene alcune. Con pardon!


(Articolo pubblicato su La Gazzetta dell’Antiquariato n. 248 – Settembre 2016)

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